La vita di un uomo vale meno di quella di una donna. Non è una provocazione, ma la triste constatazione di una realtà a cui assistiamo ogni giorno in Occidente.
Viviamo in una società dalle mille contraddizioni. Da una parte abbiamo i media, che non fanno altro che dipingere la donna come povera vittima indifesa, discriminata e in balia di ogni pericolo.
Dall'altra i freddi numeri smentiscono fortemente questa idea e presentano una situazione che invece è fortemente sfavorevole per gli uomini.
Il caso più emblematico è sicuramente il femminicidio, che sembra essere la prima emergenza nazionale. Se uno dovesse giudicare la situazione politica italiana in base all'attenzione che viene data agli omicidi che hanno donne per vittime, concluderebbe che ci troviamo in una guerra civile.
Intendiamoci, l'omicidio è sicuramente un reato grave e merita una punizione esemplare. Nel nostro Paese, però, di omicidi in proporzione ce ne sono veramente molto pochi.
Siamo uno dei Paesi con il minor tasso di omicidi al Mondo e non ci sono mai stati così pochi omicidi dall'Unità d'Italia.
Soprattutto, le vittime di omicidio sono principalmente uomini (per il 75%), anche quando l'assassino è di sesso femminile.
Perché quindi, a dispetto di queste evidenze, la TV continua a parlare della "strage delle donne" e si è arrivati a coniare un bizzarro neologismo?
Il termine femminicidio si nasconde dietro al nobile intento di porre maggiore attenzione alla problematica, ma non ha nessuna base numerica a sorreggerlo e quindi finisce per assumere i connotati di una discriminazione nei confronti degli uomini, le principali vittime di omicidio.
E quando la morte degli uomini non viene cagionata da altri ma avviene per mano propria, come gesto estremo di una situazione insostenibile, va anche peggio.
Qualcuno ha mai sentito parlare della "strage dei suicidi maschili"? Eppure la percentuale di suicidi maschili è spaventosamente alta rispetto a quella di suicidi femminili.
In Europa occidentale mediamente l'80% dei suicidi riguarda uomini. Per ogni donna si ammazzano mediamente 4 uomini. E in Europa orientale i suicidi maschili mediamente raddoppiano.
Nessuno però in questo caso parla di emergenza, e pensare che in Italia ogni anno in media ci sono circa 360 morti per omicidio, mentre ben 4000 per suicidio!
E che dire poi delle morti sul lavoro. Il 94% di chi muore sul posto di lavoro è di sesso maschile, ed è l'ovvia conseguenza del fatto che i lavori più pesanti e rischiosi li hanno sempre fatti e li continuano a fare gli uomini, anche dopo la rivoluzione femminista. L'attenzione dei media però è rivolta solamente a quei contesti professionali che riguardano i lavori più prestigiosi, nei quali molte donne trovano difficoltà ad inserirsi sia perché uomini e donne sono biologicamente differenti e ci sono dei lavori in cui le donne riescono meglio e altri in cui invece gli uomini sono favoriti, sia perché le donne tendono ad indirizzare i propri studi verso facoltà umanistiche piuttosto che verso quelle scientifiche, più remunerative.
Una donna laureata in scienza delle merendine ha difficoltà a diventare manager? E' una vergognosa discriminazione maschilista, bisogna intervenire assolutamente a colpi di quote rosa.
Un uomo viene schiacciato e spappolato da una trave di acciaio per 1200 euro al mese? Chissenefrega.
A nessuno sembra importare della vita degli uomini, e pensare che qualche decennio fa ci andava pure peggio: se il tuo Paese andava in guerra, il fatto di avere un pisello era ciò che ti condannava a diventare carne da macello in qualche campo di battaglia, mentre le donne se ne stavano a casa al calduccio.
Al giorno d'oggi in Occidente non ci sono più guerre e di recente è stato anche abolito il servizio militare, ma forse non tutti sanno che ogni cittadino italiano, nel momento in cui compie 18 anni, viene iscritto alle liste di coscrizione e quindi sarebbe ugualmente tenuto ad andare in guerra nel caso le circostanze lo richiedessero.
Sarebbe davvero ironica come situazione: vivere in una società femminista ma crepare come in una patriarcale.
E del resto è quello che sta accadendo al giorno d'oggi non molto lontano da noi, in Ucraina, dove i ragazzi sono costretti ad andare al fronte rischiando di beccarsi qualche pallottola russa, mentre le loro sorelle sono a casa a farsi spanare il c*lo da qualche belloccio conosciuto su tinder.
"Prima le Donne e i Bambini"
Tutti conoscono questa consuetudine marinaresca, che prevede che in caso di abbandono della nave sia data appunto precedenza alle donne e ai bambini.
E' diventata famosa in seguito al naufragio del Titanic, dove si salvarono il 74% delle donne ma solo il 18% degli uomini, ma è una prassi che ha radici ben più antiche ed è supportata da motivazioni sia di tipo culturale che evoluzionistico.
Dal punto di vista biologico infatti, la vita di un uomo è effettivamente più sacrificabile di quella di una donna perché quest'ultima porta il peso della gravidanza. Un uomo può potenzialmente mettere incinte un numero illimitato di donne, mentre una donna può rimanere incinta di un solo uomo. Per la sopravvivenza della specie gli altri uomini sono superflui.
Se a questo si aggiungono secoli e secoli di cultura Cristiana, che da sempre promuove la difesa e la protezione dei più deboli, si capisce bene come sia stato possibile che gli uomini del Titanic abbiano messo da parte il proprio istinto di sopravvivenza per salvare delle estranee.
Ma il Titanic è affondato nel 1912 e al giorno d'oggi molte cose sono cambiate.
La specie umana non è mai stata a rischio, ma oggi addirittura la Terra è sovrappopolata.
La società è nettamente meno conservatrice, e molto poco religiosa.
Eppure certe consuetudini sono davvero dure a morire e anche nei naufragi più famosi dell'ultimo decennio si è visto come i soccorsi continuino ancora ad essere indirizzati per primi verso le donne e i bambini.
Quando ad esempio ci fu il naufragio della Costa Concordia, il Comandante De Falco intimò a Schettino di risalire a bordo, gli ordinò di informarlo di quanti bambini, donne e anziani ci fossero a bordo.
Anche in quel caso, un secolo dopo il Titanic, la vita delle donne (magari di qualche borghesuccia divorziata in crociera a caccia di toyboy) fu tenuta più in considerazione di quella degli uomini (magari qualche padre di famiglia che lavorava a bordo con orari massacranti e paghe da fame).
Durante l'incendio della nave Norman Atlantic, la decisione di salvare prima le donne fu addirittura la miccia che fece scoppiare a bordo risse e scontri tra le donne e gli uomini che stranamente proprio non ci stavano a voler crepare solo perché nati col pisello.
La femminista Selvaggia Lucarelli, in un articolo scritto nel suo classico stile passivo aggressivo, non si fece troppi scrupoli a condannarli e marchiarli di vigliaccheria, guardando con nostalgia all'epoca del Titanic, in cui "gli uomini facevano ancora gli uomini", cioè in pratica crepavano per loro. Alla faccia della parità tanto decantata dal femminismo.
Certo, si sa, non esistono femministe su una nave che affonda, ma magari qualcuno dovrebbe spiegare alla nostra che al tempo in cui gli uomini facevano gli uomini, le donne facevano le donne e non si permettevano di dire agli uomini come comportarsi o non comportarsi, ma stavano a casa ad accudire i figli e a far da mangiare al marito. Venivano protette e tutelate, ma subordinate agli uomini.
Una volta che il femminismo ha deciso di rompere questo patto sociale, diventa piuttosto ridicolo continuare a pretendere le stesse tutele del passato rifiutando però i doveri che quelle tutele imponevano.
La galanteria ha senso solo in una società tradizionale, in una società progressista diventa solo un ingiusto privilegio.
In altre parole: se parità deve essere, sia parità anche per i posti nelle scialuppe. E si inizi a dare alla vita degli uomini lo stesso valore di quello che ha la vita delle donne.
E voi che ne pensate? Sacrifichereste la vostra vita per salvare quella di un'estranea?