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Perché lo Ius Soli non s’ha da Fare

Oggi per voi un Guest Post dell’utente Varg, admin del blog “I Rami Spogli“, che ci propone un’interessante riflessione sulla situazione immigratoria odierna e sulla convenienza o meno dell’approvazione della legge sullo Ius Soli.
Buona lettura.

Da parecchi mesi ormai siamo sottoposti a una pressante propaganda governativa, veicolata dai mass media tradizionali e non, in favore
della legge sullo ius soli temperato al momento bloccata al Senato, che prevede la concessione della cittadinanza italiana ai bambini nati in Italia da genitori stranieri legalmente residenti nel nostro Paese da almeno un lustro, e ai minori stranieri che abbiano frequentato le scuole italiane per cinque anni o aver risieduto in Italia per sei avendo ivi completato almeno un ciclo scolastico, a seconda che siano qui giunti prima o dopo aver compiuto 12 anni. Ma ciò sarebbe davvero così conveniente per il Paese? Certamente andrebbe a influenzare diversi aspetti della nostra società, e non necessariamente in positivo.

Italiani: un popolo di “meticci”?

Ius Soli perché NO

 Come ben sappiamo, gli intellettuali liberal da salotto amano citare la Storia a sproposito, e in questo caso i nostri per giustificare la legge sullo ius soli si attaccano affannosamente all’editto di Caracalla del 212 e.v., che concesse la cittadinanza romana (la quale fino ad allora era appannaggio dei soli Italici) a tutti gli abitanti dell’Impero sancendo, secondo loro, l’apogeo di Roma in quanto potenza multietnica e multiculturale: niente di più sbagliato. In realtà, molti studiosi sono concordi nel datare la fine del periodo aureo della compagine romana già alla fine del II secolo, più precisamente con la morte di Marco Aurelio, avvenuta nel 180 e.v.. La Constitutio Antoniniana sarebbe stata emanata solo un trentennio dopo, e dopo altri vent’anni sarebbe cominciato il periodo più buio che l’Impero avesse conosciuto fino ad allora, ovvero quello della crisi del III secolo. Si può scorgere senza dubbio un filo che lega insieme l’editto di Caracalla e l’anarchia succeduta alla fine della dinastia dei Severi, poiché, citando un passo dello Zibaldone di Leopardi già riportato in un altro articolo di questo blog:

“Quando tutto il mondo fu cittadino romano, Roma non ebbe più cittadini;
e quando cittadino romano fu lo stesso che cosmopolita, non si amò né Roma né il mondo:
l’amor patrio di Roma divenuto cosmopolita, divenne indifferente, inattivo e nullo:
e quando Roma fu lo stesso che il mondo, non fu più patria di nessuno,
e i cittadini romani, avendo per patria il mondo, non ebbero nessuna patria, e lo mostrarono col fatto.”

LEGGI ANCHE: ESSERE CITTADINI DEL MONDO

Insomma, una bella gaffe per i progressisti nostrani, che oltretutto sono soliti citare inopportunamente anche la presunta origine straniera del leggendario eroe troiano Enea, legato alla fondazione mitica di Roma, la cui stirpe, secondo Virgilio, aveva però la sua origine nelle lande
italiche, a cui l’eroe avrebbe solo fatto ritorno in seguito alla conquista della sua nuova patria Ilio ad opera degli Achei. Vero è che
secondo la tradizione Roma sarebbe poi nata da una comunità eterogenea di esuli, ma bisogna specificare che essi avevano tutti origini italiche ed europidi. E qui veniamo a un altro mito parecchio diffuso, sia a causa della propaganda delle élite sia per scarsa conoscenza
generale di argomenti antro-genetici presso la vasta maggioranza delle persone: ovvero il fatto che gli italiani, specie al Sud, non sarebbero pienamente europei ma solo un popolo “meticcio” venutosi a creare in seguito alle varie invasioni che il nostro Paese ha subito nel corso dei millenni. Gli studi genetici più recenti hanno invece dimostrato che, seppure è vero che gli italiani sono un popolo molto eterogeneo che può essere diviso addirittura in sei cluster, queste differenze interne sono comunque tutte riconducibili ad elementi prettamente europidi: sostanzialmente, i meridionali hanno una forte componente genetica greca che va a unirsi ad elementi neolitici giunti nella nostra penisola con le migrazioni dell’età del Bronzo, mentre al Nord sono più forti le influenze di matrice mitteleuropea e soprattutto celto-italica. In effetti, bisogna pur ricordare che l’invasione moresca (cioè nordafricana e non araba come molti pensano) del Sud Italia era sostanzialmente finalizzata all’occupazione militare del territorio e non allo stanziamento, e quindi non ha praticamente lasciato tracce genetiche nella popolazione autoctona. Del resto persino l’area padana è stata influenzata solo minimamente dalla migrazione di popolo dei Longobardi che la ha interessata nel VI secolo: insomma, agli intellettuali nostrani che cianciano del fatto che avremmo bisogno di maggiore “diversità” (ma come, gli italiani non erano già “meticci”?!) si dovrebbe ricordare che siamo un popolo ben variegato da millenni, seppur sempre all’interno del range europide.

PER APPROFONDIRE: LA GENETICA ITALIANA

Multiculturalismo: un vantaggio o un problema?

Ma poi, la mescolanza etno-culturale che vorrebbero imporci è davvero una manna che piove dal cielo? Oppure è piuttosto fonte di problemi di varia  natura? Qual è la situazione attuale dei Paesi oramai “multiculturali” che da ben prima di noi si sono dovuti confrontare con i problemi dell’immigrazione e della convivenza tra culture differenti, e che vengono spesso citati come esempio di integrazione ed efficienza da parte dei liberal di casa nostra? In sostanza, questi Paesi stanno subendo gli effetti negativi delle politiche che hanno adottato nel corso degli ultimi decenni. Un esempio su tutti: gli Stati Uniti, l’unico Paese al mondo in cui chi nasce in un determinato stato ne ottiene automaticamente la cittadinanza anche se figlio di immigrati residenti illegalmente. Ormai da anni la società statunitense deve affrontare i pressanti problemi derivanti dalla massiccia immigrazione incontrollata proveniente dal Messico, tant’è che l’attuale presidente Trump ha vinto le ultime elezioni proprio incentrando la propria campagna elettorale sulla prospettiva di porre un freno agli ingressiillegali costruendo un muro fortificato lungo il confine meridionale del Paese. Infatti gli immigrati ispanici, anche una volta ottenuta la cittadinanza statunitense, hanno la tendenza a mantenere la propria lingua e i propri costumi senza uniformarsi a quelli della società
ospitante, andando così a creare delle enclavi chiuse in cui si parla solo spagnolo e si continua a vivere come nei territori di provenienza
con cui oltretutto vengono mantenuti stretti contatti, in un processo che, visti anche gli alti tassi di natalità dei latinos, sta addirittura disgregando il tessuto sociale di alcune aree degli USA, e c’è chi arriva addirittura a ipotizzare la reconquista del Sudovest degli Stati Uniti ad opera delle comunità messicane. Senza contare i disagi di ordine pubblico che tutto ciò comporta, dato che i delinquenti sudamericani una volta emigrati tendono a mantenere i propri legami con i gruppi criminali cui appartengono, come purtroppo abbiamo avuto modo di vedere anche nelle grandi città del Nord Italia.

Ius Soli perché NO

Del resto questa tendenza all’isolazionismo etnico e culturale si può riscontrare in modalità molto simili anche nei flussi migratori che hanno
interessato (e stanno investendo tuttora) l’Europa, non importa che siano essi di origine sudamericana, nordafricana o cinese: l’esempio più eclatante ci è dato dalle banlieue delle grandi città francesi e belghe, dove neanche la polizia può accedere senza rischi e in cui si
formano gli estremisti islamici che oggi si uniscono all’ISIS e domani chissà. Ma la forzata convivenza tra etnie e culture differenti non si
limita a influire solamente sull’ordine pubblico: comporta spesso e volentieri anche una sorta di smania per il politically correct,
che forse per la collettività è dannoso tanto quanto gli atti criminali. Lo possiamo vedere in Italia, ma anche (come al solito) negli
USA, in cui vengono abbattute statue che potrebbero offendere le minoranze, come quella dello “schiavista” (?!) Cristoforo Colombo, e
dove con l’affirmative action si finanziano servizi destinati a donne, afroamericani e ispanici sostanzialmente con il ricavato delle
tasse dei maschi bianchi. Neanche le università si sottraggono a questo clima inquisitorio, e già molti atenei, su tutti la prestigiosissima
Yale, per non “opprimere” gli studenti appartenenti a minoranze etniche hanno già deciso di rendere facoltativo lo studio di autori anglosassoninei loro programmi, tant’è che ad oggi, negli Stati Uniti, solo un decimo di laureati in letteratura inglese ha mai letto Shakespeare. In effetti, perché in Italia dovremmo inserire nei piani scolastici un “cristianuccio bigotto” come Manzoni, quando potremmo dimostrarci molto più tolleranti e inclusivi incentrando i nostri studi su misconosciuti autori africani queer post-coloniali?

DA NON PERDERE: IL FEMMINISMO NELLA NOSTRA SOCIETA’

Lo ius soli ai tempi del terrorismo internazionale
In ogni caso, il dibattito oggi forse più pressante in Italia per quanto riguarda l’approvazione dello ius soli è quello che verte su quanto ciò
influirebbe sulla sicurezza del nostro Paese, in un clima di tensione internazionale che vede l’ISIS come costante minaccia nonostante le
sconfitte militari subite dai suoi miliziani ad opera soprattutto delle truppe siriane coadiuvate da quelle russe.
Più di un politico nostrano (ovviamente di sinistra) ha avanzato l’ipotesi che concedere la cittadinanza ai minori stranieri aiuterebbe a integrarli e inserirli meglio nel nostro tessuto sociale, ma è veramente così? Prendiamo in esame l’attuale situazione della Francia che, nonostante una lunga e consolidata storia di accoglienza e naturalizzazioni dovuta principalmente al suo passato coloniale, si trova oggi costretta ad affrontare i pressanti problemi di ordine pubblico legati alla gestione dell’emergenza terrorismo, detenendo il triste primato di Paese europeo più colpito da attentati dell’ISIS, che hanno visto coinvolta soprattutto la capitale Parigi. Bisogna tuttavia soffermarsi su un
elemento importante: quasi tutti gli attentatori in questione, in Francia così come nel Regno Unito e in Belgio, non erano “profughi”
arrivati col barcone, ma immigrati di seconda o terza generazione che, nonostante disponessero della cittadinanza e avessero completato i percorsi di studio dei Paesi che avevano accolto le loro famiglie, non erano per nulla integrati nella società ospitante ma anzi rifiutavano i valori occidentali preferendo abbracciare quelli radicalizzati della loro comunità di appartenenza. I motivi di ciò sono variegati e una parte di colpa è senza dubbio da attribuire agli stessi governi europei e alle loro politiche di gestione dell’immigrazione, che in molti casi hanno causato la ghettizzazione dei “nuovi cittadini” che si sono così visti precludere qualsiasi prospettiva di miglioramento della loro condizione economica e sociale, cosa che sicuramente ha creato terreno fertile per la loro radicalizzazione. Ma questo dovrebbe spingerci a una riflessione: che senso ha accogliere indiscriminatamente altri immigrati e concedere loro la cittadinanza in Paesi, come l’Italia
post-crisi, che hanno un’economia reduce da anni di recessione e di conseguenza un mercato del lavoro incapace di assorbire persino gli elementi autoctoni? Non si andrebbe così a formare, piuttosto che “nuovi cittadini”, un’armata di scontenti senza possibilità di integrazione economica e sociale, e quindi soggetti non solo al rischio di radicalizzazione, ma anche a quello di essere assorbiti dai giri della
delinquenza comune? In fondo è quello che già accade a molti immigrati che si scontrano con la dura realtà dopo essere giunti qua convinti di trovare Bengodi. Un altro elemento da tenere in considerazione che lega ius soli e sicurezza è quello delle espulsioni: il principale motivo per cui il nostro Paese non ha ancora subito attacchi terroristici è sicuramente costituito dal fatto che i servizi segreti italiani sono molto più preparati a rispondere alle emergenze legate alla sicurezza interna rispetto alle loro controparti europee, essendosi dovuti confrontare con il terrorismo extraparlamentare degli opposti estremismi durante gli anni di piombo. Ma il loro compito è sicuramente facilitato dalla
possibilità di espellere gli stranieri residenti in Italia ritenuti pericolosi per la sicurezza nazionale, come ormai accade piuttosto
spesso: se i sospettati avessero invece la cittadinanza italiana, l’espulsione sarebbe impossibile, e quindi si renderebbe necessario un
monitoraggio continuo che non sempre ha successo, basti considerare il fatto che molti degli attentatori con cittadinanza europea che hanno agito in Francia, Regno Unito e Belgio erano effettivamente sorvegliati dai servizi segreti dei Paesi in cui risiedevano, ma sono riusciti
ugualmente a portare a compimento i loro attacchi terroristici.

“Nuovi italiani” per un’economia al collasso
Un altro aspetto su cui vale la pena soffermarsi nella disamina delle conseguenze negative di una eventuale approvazione della legge sullo ius soli è di natura prettamente economica: i nostri politici, rappresentanti non tanto del popolo quanto delle istanze di un sistema bancario e finanziario per il quale l’economia di borsa conta più di quella reale, non fanno altro che ribadire la necessità di contrastare il declino demografico del Paese con “nuovi italiani” che con il versamento dei loro contributi un giorno pagheranno le nostre pensioni, peccato che (alla faccia della presunta lotta governativa alle fake news) i dati da loro tanto sbandierati sui benefici economici garantiti dagli
immigrati si riferiscano principalmente a quelli giunti in Italia nel periodo pre-crisi, quando la nostra economia era ancora competitiva e il
mercato del lavoro aveva ancora la capacità di assorbire nuovi elementi al suo interno, non certo a chi è arrivato con i barconi negli ultimi
anni. Molti affermano che dovremmo accogliere a prescindere perché anche gli italiani sono stati emigranti (e lo sono tuttora), e quindi
dovremmo dimostrarci più empatici nei confronti di chi arriva nel nostro Paese, senza però tenere conto del fatto che gli italiani che emigravano trovavano ad attenderli società, come quella statunitense o quella tedesca del secondo dopoguerra, che avevano un pressante bisogno di manodopera, e necessitavano di minatori, manovali e chiunque potesse contribuire allo sviluppo economico (o alla ricostruzione, nel caso della Germania).

Ius Soli perché NO

Insomma, una situazione ben diversa da chi arriva in Italia ed è costretto a scegliere se raccogliere pomodori per due euro l’ora in condizioni di semi-schiavitù oppure dedicarsi ad attività criminali al soldo delle mafie locali: in molte città italiane infatti è ormai consuetudine dei clan mafiosi, che negli ultimi anni avevano visto diminuire fortemente il controllo sul territorio a causa dei sempre più numerosi arresti della loro manovalanza ad opera delle forze dell’ordine, subappaltare alle gang ghanesi o nigeriane il controllo del racket di droga e prostituzione in determinati quartieri, con notevoli ricavi economici per ambo le parti.
In fin dei conti, che senso ha avallare politiche di accoglienza indiscriminata in un Paese che, come il nostro, ha un’economia ancora provata dalla crisi e tassi di disoccupazione elevatissimi anche tra gli autoctoni, specialmente nelle fasce più giovani della popolazione? Sicuramente ne beneficiano il partito di governo, che approvando la legge sullo ius soli guadagnerebbe in un colpo solo la riconoscenza di centinaia di migliaia di nuovi elettori, i gestori dei centri di accoglienza, che lucrano sulle nostre tasse, e la Chiesa cattolica del gesuita Bergoglio, che recupera così la fiducia dei fedeli più giovani e progressisti. Ma soprattutto se ne avvantaggiano gli industriali, poiché un gran numero di immigrati causa il sovrannumero della manodopera disponibile e quindi una maggiore concorrenza nel campo del lavoro salariato, determinando quindi un riduzione della retribuzione dei lavoratori che va a tutto vantaggio di chi dispone del capitale, che per la prima volta dopo un secolo o più ha la possibilità di privare le masse operaie dei diritti sociali che hanno acquisito dopo decenni di scioperi e dure lotte: è la dottrina dell'”esercito industriale di riserva”, magistralmente teorizzata da Marx ed Engels nel Capitale (ora magari i soliti radical chic ci verranno a dire che anche i padri del Comunismo erano “fasci intolleranti e razzisti”).
Un’ultima nota colorita: per giustificare lo ius soli oggi, specialmente in seguito all’eliminazione della nostra Nazionale di calcio dalle qualificazioni per i Mondiali di Russia 2018, molti affermano che ci sarebbe bisogno dei “nuovi italiani” per rinvigorire le nostre nazionali sportive, senza tenere conto del fatto che, mantenendoci all’interno dei paragoni calcistici, la Nazionale più vincente è oggi quella etnicamente omogenea della Spagna, mentre altre, su tutte Francia e Inghilterra, hanno iniziato il proprio declino quando
hanno cominciato ad affidarsi più ai “nuovi cittadini” che agli autoctoni, autocondannandosi alla quasi irrilevanza. Una considerazione
che sicuramente conta meno rispetto agli altri aspetti precedentemente presi in esame, ma che mi sentivo comunque di fare.

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Anonimo
Anonimo
4 anni fa

Articolo quasi perfetto che mi cade nel finale su quella disciplina da cucki cornuti che è il calcio: preferisco (ma non sono il solo) avere un paese civile con una nazionale di calcio di merda piuttosto che essere come il Brasile.
Tra l'altro il calcio come business è permeato di interessi mafiosi, propagandistici e pseudoreligiosi al punto che andrebbe bandito per questioni di salute sociale piuttosto che preso a indicatore di valore.

Faccio solo notare che nei paesi a maggior concentrazione di tope (Islanda, paesi baltici, paesi bassi) la stragrande maggioranza dei giocatori agonisti di calcio è dilettante e le leghe nazionali sono ridicole. Invece nei paesi dove il campionato di massima divisione è fiorente le donne se la tirano e la popolazione si polarizza maggiormente tra miliardari e poveracci disoccupati incel (fa eccezione, per ora, la Germania per via di un sacco di sporchi trucchi contabili e un fardello di 8 milioni -otto!- di turchi più svariati altri immigrati che appena il krano comincerà a scarseggiare combineranno disastri stile Weimar).

Osservatore Romano
Osservatore Romano
4 anni fa

Lo iusSoli ha rotto il cazzo ma fare i paragoni col calcio è da cucko senza speranza: tant’è vero che la nazionale più performante negli ultimi tempi è quella francese che di francese ha solo il passaporto (all’80% sono africani import).

Manuel
Manuel
2 anni fa

Questo articolo è talmente perfetto che mi piacerebbe fosse riproposto.
Ed è tornato attuale, visti gli ultimi avvenimenti dello jus Scholae e delle dichiarazioni di Orban sul ” miscuglio di razze” che l’Ungheria proverebbe ad evitare.
Mi torna in mente la profezia di Pasolini sul nuovo potere che userà le parole libertarie di ciascuno per imporre un un nuovo potere omologato, una nuova inquisizione e un nuovo conformismo e i suoi chierici saranno chierici di sinistra. Provate solo a non condannare Orban per ciò che ha detto e vi ritroverete a rischiare quasi il carcere…
Ma la domanda che ognuno di noi dovrebbe porsi è una sola: se fra 100 anni, in Italia, non ci sarà più un solo italiano caucasico ma solo un miscuglio di etnie marroncine, sareste contenti?
Si può definire ancora popolo o nazione un paese del genere? Con quale storia e quale tradizione si potrà mai identificare una massa di milioni di persone dalle mille religioni, tradizioni, costumi e lingue diverse?

Last edited 2 anni fa by Manuel
Anonimo
Anonimo
6 anni fa

Sono d'accordo in toto con l'articolo e con le sue analisi.
Mi permetto di aggiungere ulteriori 5 punti per cui sono contrario:
1 – a quanto ho capito, non vi è una selezione su base giudiziaria per la concessione della cittadinanza, quindi andrà a finire che la daremo pure ai minori spacciatori
2 – dare la cittadinanza al minore significa che non si potrebbero nemmeno più espellere i suoi genitori, magari illegali o magari delinquenti
3 – cittadinanza italiana equivale a quella europea, quindi ancora peggio…
4 – il sistema che regola le politiche migratorie è già troppo lassista, quindi semmai stringerei, non allergherei
5 – voglio che venga data una stretta all'immigrazione islamica